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Film del: 1980 Genere: Drammatico / Fantascienza
Trama: In un prossimo futuro Roddy accetta di fare da cavia ad un esperimento televisivo facendosi inniettare una telecamera dietro la retina degli occhi. Sotto contratto per una rete televisiva deve inseguire la bella Katherine e così filmare la sua morte. Ma la donna capisce l'inganno e non ci vuole stare.
RECENSIONE DEL FILM: La Morte in Diretta Nel 1980 il regista Bertrand Tavernier girando La Morte in Diretta profetizza un mondo dove gli uomini sono senza immaginazione ed affidano a delle macchine la scrittura dei romanzi; una società dove la gente è talmente inebetita dalla mancanza di fantasia e sentimenti umani da dover vivere la propria vita attraverso lo schermo di un televisore, guardandola in un programma che si chiama ˜Death Watch". Nella trasmissione sperimentale viene innestata una telecamera dietro la retina di un uomo, in questo caso Roddy, impersonato dall'attore americano Harvey Keitel, il quale ha la missione di rincorrere la bella, ed in fin di vita, Katherine, per poterne filmare la morte.
Non per nulla "La morte è la nuova pornografia", dice il capo della rete televisiva ed inventore della trasmissione, interpretato da Harry Dean Stanton, in un momento del film, sapendo benissimo con il suo intento di varcare l'ultima soglia del voyerismo ed, allo stesso tempo, del degrado umano.
Ancora prima del grande fratello televisivo (fenomeno presente non solo nel nostro paese) Tavernier inquadra bene una società affamata del dolore altrui. Una collettività incapace di affrontare la propria morte e perciò pronta a relegarla ad un altro, intrappolato dietro lo schermo freddo di un televisore, sganciandosi così dall'idea stessa del morire.
Oltre a questo il regista Tavernier trasforma l'Harvey Keitel del film un in una sorta di Frankestein. Un uomo/macchina da presa che può riprendere qualsiasi cosa senza che nessuno lo sappia, usando il suo sguardo come un giocattolo ma, come tutti i giocattoli, destinato ben presto a rompersi.
La Morte in Diretta diventa così un Truman Show ante litteram, nel quale lo sguardo viene capovolto: non ci sono telecamere che guardano di nascosto la vita di un uomo, ma è bensì l'uomo stesso a diventare mezzo. Una macchina capace soltanto di registrare sentimenti su nastro, ma non di viverli.
Nel momento in cui il Roddy/Keitel del film comincia a capirli, ad affrontarli, questi sentimenti, si acceca per preservarli, perchè non li vuole svendere per una sterile trasmissione televisiva. Kathrine, dal canto suo, dopo esser fuggita per salvare la propria dignità , una volta che ha capito di essere stata defraudata del proprio dolore si suicida per vincere contro quella stessa società senza anima: per lei il momento della morte è l'unico che l'essere umano può e deve condividere soltanto con se stesso.
Guardando i vari reality show, ambientati in ranch, circhi e case improbabili, dove lo spettatore resta a fissare inebetito per ore persone che si mandano a quel paese o rigettano nel lavandino della cucina, non si può negare che la profezia di Tavernier si sia avverata (e d'altra parte anche Orwell, molto tempo prima, aveva avuto un sentore). Si spera solo che un giorno, accendendo quell'elettrodomestico quadrato di fronte alla poltrona di casa nostra, non si incappi in una scena di morte in diretta come quella del film. Se così fosse vorrebbe dire che anche l'ultimo barlume di speranza per una società migliore sarà destinato a bruciare tra un tasto del telecomando e l'altro.
(Marco Massaccesi) TRATTO DA FILMFILM
IN QUESTO FILM ROMY AVEVA 42 ANNI CIRCA
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