I miei racconti

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FedeMorningRock
view post Posted on 30/7/2009, 15:56




Era di nuovo nei guai. Come sempre aveva parlato troppo, non avrebbe dovuto dire metà delle parole che aveva detto, come al solito aveva detto quello che pensava sena filtrare le parole. Lei, così impulsiva da arrivare a litigare anche con le prof, lei, così diretta che aveva più amiche false che vere amiche, lei che nonostante la sua impulsività era sempre servita, sì, servita è il verbo giusto, alle altre quando avevano dei problemi.
la chiamavano la psicologa del gruppo. E infondo, lo è davvero.
Lei e Lui di nuovo contro.
Lui, che non è capace di affrontarla da solo, si è portato dietro le sue amichette.
Lui: “Scusa puoi ripetere quello che hai detto?”
Lei: “Hai sentito benissimo”
Le altre: “Ti ha detto di ripeterlo”
Lei: “una volta eri più simpatico e intelligente..Chissà, forse stare con delle oche superficiali ti rende più..come dire...più trasparente”
Lui: “Non sai in che guaio ti sei cacciata!”
Lei: “Mi sa che hai visto troppi film americani. Cosa vuoi fare? Minacciarmi? Picchiarmi? Farmi crepare di paura rinchiudendomi in un armadio o tentare di stuprami in un vicolo cieco?”
Il suo tono non solo era d sfida ma era sicuro. Sapeva che lui faceva tanto lo sbruffone ma che poi non faceva niente di tutto ciò che prometteva.
Lui: “Per fare tutto quello che hai detto mi dovrei sporcare le mani e, credimi, non te lo meriti”
Lei: “Ah, già, sono talmente insignificante che non merito che uno come te sprechi il suo tempo con una come me. Hai proprio ragione”
Lui: “Vedi che se vuoi ci arrivi?”
Lei: “Oppure non vuoi farlo semplicemente perché non hai il coraggio di farlo”
Lui scattò, Lei l'aveva ferito nell'orgoglio. Lui la scaraventò contro il muro e fece per tirarle un pugno.
Lui: “Adesso ho abbastanza fegato per te?”
I suoi occhi blu, così scuri che sembravano neri, non lasciarono penetrare nessuna emozione, erano rimasti freddi e distaccati come poco prima.
Lei: “Tirami il pugno”
Lui esitò. Batté il pugno contro il muro e guardò per terra.
Lui: “Se non fossi così sfacciata e se non fossi così impertinente, avrei ammirato il tuo coraggio ma così, così cambia tutto”
Lei non si mosse, rimase impassibile.
Lui: “Perché non parli?” lo disse con rabbia.
Lei: “Stavo solo pensando che sei un gran bugiardo. Ti andrei a genio se non ti dicessi quello che penso, se rimanessi qui per riempirti di complimenti e a lodarti come un dio romano. Mi odi non perché sfacciata e impertinente ma perché ho abbastanza fegato da dirti che mi stai antipatico perché ti credi tanto una stella e perché ti credi su un piedistallo. Prova ad allontanarti dallo specchio per un momento così vedrai la gente falsa che ti gira attorno. Ma se per te va bene così. allora...”
Lui: “Allora cosa?”
Lei: “Allora peggio per te.”
Lei aveva oltrepassato il limite. Gli occhi di lui scintillavano di odio e di rabbia, era incredibile come Lei, con poche parole, gli facesse torcere lo stomaco dalla rabbia.
Lui: “Lo vuoi ancora quel pugno, razza di imbecille?”
Lei: “Oh, adesso passiamo agli insulti?Devi proprio essere arrabbiato”
Lui non ci ripensò due volte.
Lei sentì dei passi dietro di Lui, passi pesanti e con una cadenza sempre uguale.
Non si scostò per vedere chi poteva essere. Mentre Lui provava a tirarle il pugno i suoi occhi e la sua mente erano occupati a cercare nei ricordi quel suono.
Lei sapeva che l'aveva già sentito....Dove? Quando? Chi?
Le altre: “Chi sei tu? Non vedi che Lui è occupato?”
“Sai che cosa me ne può importare”
Lei si ricordò di quella voce.
Lui: “Sara, hai una fortuna invidiabile, al momento giusto arriva sempre qualcuno che ti salva. Poverino, si prenderà il tuo”
“Ne sei sicuro?” disse la voce alle sue spalle.
Lui si girò e lo vide.
Lui: “Ancora tu?”
L'altro: “Si ancora io, problemi?”
Ci fu un attimo di silenzio. Il respiro di lei si era fatto più debole.
L'altro con un'occhiataccia le fece intendere che doveva respirare sennò dopo doveva sentire la sua urlata.
L'altro: “Scusa ma...Non dovevi mica darmi un pugno?”
Lui esitò. Poi disse: “Non è il luogo adatto.” Si girò verso di Lei e le disse: “Hai sempre una fortuna sfacciata. Riprenderemo un'altra volta.”
Lei a sottovoce sussurrò: “Se ci sarà un'altra volta.”
E L'altro, sempre sottovoce disse: “Non ci sarà una seconda volta”.
Lei lo guardò.
Lui sorrise dicendole: “C'è qualcuno che ti sta aspettando”.
Lei guardò nella mia direzione.
“Silvi!!!!!” urlò. sembrava così tranquilla e serena come se non fosse successo niente prima.
Corse verso di me e mi abbracciò. Mio fratello la guardava da lontano.
Sapevo quello che lui provava per lei ma non pensavo che fosse così forte; e lei?
Sciolse l'abbracciò e si girò verso di lui.
Lei: “Grazie. Un'altra volta.”
Lui: “Di niente. Preferirei che tu cambiassi società.”
Lei: “Questa era l'ultima lezione tanto”.
La guardai dubbiosa.
Lui: “Silvi, Sara ha un problema alle ginocchia e correre non è il massimo.”
Lei: “Devo smettere per un anno poi sai, entreremo all'Università, non posso più seguire gli allenamenti. Quindi era proprio l'ultima.”
Nonostante la brutta notizia, sorrideva ed era tranquilla, come se non le dispiacesse tantissimo nonostante correre sia sempre stata la sua passione.
“Mi dispiace. Perché non me l'hai detto?” le dissi.
Lei: “Ti ho chiamata quando me l'hanno detto ma Alex mi ha detto che non eri in casa allora l'ho detto a lui.” Lo guardò.
Lui guardava da tutt'altra parte. Gli occhi di Lei si erano quasi spenti. Lui la stava trattando in modo freddo e distaccato. Non era da Lui.
Lui: “Sì, beh, mi sono dimenticato di dirtelo. D'altronde hai chiamato...due giorni fa, giusto?”. Anche se si stava rivolgendo a Sara, Lui continuò a guardare lontano.
Lei: “Sì..beh, non importa. Adesso lo sai, Silvi.” Si rigirò verso di me e continuò: “Allora? Dove sei andata di bello con il tuo lui?Mi devi assolutamente dire tutto!”
Risi ma non potevo ridere di gusto.
“Ehm..Vedi, ci sarebbe un problema” iniziai a dirle ma Lui mi anticipò.
Lui: “Matteo è al parcheggio in moto che la aspetta”
Lei: “Ma è fantastico! E cosa aspetti? Un invito via fax?? Su forza!Vai!”
Mi spinse letteralmente via.
La lasciai fare. Per fortuna non era di cattivo umore.
Raggiunsi Matteo in macchina e aspettai...Chissà loro due che cosa si stavano dicendo...
...
La guardai, aspettava una mia mossa ma io non sapevo davvero che dirle.
“Alex, sul serio, grazie” disse lei.
La guardai negli occhi. Adesso sembrava così indifesa...
“Te l'ho detto, di niente ma puoi farmi un favore?” le dissi.
“Sì?”
“Non dare certe idee a certa gente.”
Se solo ripensavo a quel tizio, così sbruffone e così arrogante la che sfiorava, che le torceva anche solo un capello, mi saliva una rabbia.
“E' la seconda volta che mi salvi da Manuel”
“Ah, si chiama Manuel?”
“Sì...pensavo che Silvia te lo avesse detto”.
“No, non ci diciamo tutto tutto noi due”
Guardai da tutt'altra parte, come prima. Fissarla troppo negli occhi, osservare i suoi movimenti mi agitavano, mi facevano battere il cuore più del solito.
Non è giusto!Perché mi deve piacere così tanto?
“Poi però il frappé non me l'hai più offerto...” disse scherzando.
“sì, beh...mi avevano chiamato per gli allenamenti e, credimi, sentire il mio allenatore che sbraita perché sei in ritardo.”
Ritornai a immergermi nei suoi occhi, volevo capire fin dove voleva arrivare.
“E oggi non hai gli allenamenti?” fece un passo verso di me; adesso eravamo faccia a faccia.
Feci di no con la testa, incapace di parlare.
“La proposta è ancora valida?”.
Ecco, ci stava riuscendo un'altra volta. Sentii il cuore galoppare, il respiro accelerare. Lei mi guardava dritto negli occhi ma sapevo che lei non sentiva quello che sentivo io.
Seguii l'istinto e feci la prima cosa che mi venne in mente. Iniziai a dirigermi verso la macchina.
“Alex, era un sì?” mi disse girandosi.
Feci spallucce e andai avanti.
Sentii i suoi passi dietro di me ma erano determinati, decisi, come quando è arrabbiata. Mi superò in poco tempo e con la tracolla in spalla e l'i-pod nelle orecchie iniziò a..marciare?
Nel parcheggio la macchina di Matteo non c'era, chissà dov'è adesso Silvia...No, forse no, non lo voglio sapere.
Andai verso la mia ma lei non c'era.
Forse è andata con loro.
Accesi la macchina e mi diressi verso casa.
Sul lungo viale c'era lei che camminava. Che cocciuta!
Quando le fui vicino, abbassando i finestrino le dissi: “Sara, andiamo, sali. Ti porto a casa.”
Fece segno di no con la testa.
“Sara, avanti, non fare la bambina. Guarda che continuo così per tutta la strada”
Mi fece spallucce. Sì, era davvero furiosa.
“Sara...” non mi lasciò finire.
“Quale parte della parola no non ti è chiara?”
“Non saprei, forse la “n” è una lettera che mi sta antipatica”
Guardai la strada e il finestrino, non c'era nessuno.
Girai la macchina in modo da bloccale la strada.
“Ti sei bevuto il cervello?” mi urlò contro.
“Sara, ho una doppia possibilità di fare un incidente quindi, vuoi sbrigarti a salire in macchina?”.
Mi lanciò un'occhiataccia e, sempre più furiosa, salì in macchina.
Dovevo proprio averla offesa ma...era così affascinante quando era arrabbiata.
Teneva il broncio mentre si allacciava la cintura e guardava fuori dal finestrino.
“Immagino che non mi parlerai più, giusto?” dissi rompendo i silenzio.
“Solo se sono strettamente obbligata”.
Inspirai cercando di calmarmi.
“Comunque il mio atteggiamento voleva dire: “Si, la proposta è ancora valida”.
La fissai. Anche lei inspirò profondamente. Infondo ci assomigliavamo parecchio.
Si girò verso di me e con gli occhi freddi e colmi di rabbia mi disse: “E il mio: “No, grazie, ho cambiato idea e spero che ti vada di traverso.”
Ritornai a guardare la strada.
“Si può sapere che ti ho fatto?”
Non mi rispose.
“Deduco che allora non hai un buon motivo per esserlo”
“Senti, non mi hai fatto niente, non ce l'ho con te e soprattutto ho sbagliato io a comportarmi così. Adesso però portami a casa”
I suoi occhi da rabbiosi divennero tristi e malinconici.
Non parlammo per tutto il tragitto.
Quando arrivammo a casa sua spensi il motore.
“Finalmente sei arrivata” dissi sottovoce.
“Grazie per il passaggio, Alex. Ci si vede” disse.
non so perché ma le presi il braccio per fermarla.
“Che hai?” le chiesi. Vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime.
“Niente. Voglio solo togliermi di dosso il peso di questa giornata con una doccia”
“Sara, non c'è bisogno che menti con me”
“Non puoi accontentarti di questa scusa?”
“No”
“Mi ha dato fastidio la tua freddezza, ecco.”
La guardai meravigliato. Che voleva dire.
“Che cosa vuoi dirmi?”
“Questo”
Si avvicinò ancora di più a me e mi baciò.
Spostai la mano dal suo braccio alla sua testa e affondai la mano nei suoi capelli neri.
Lei appoggiò le mani sulle mie braccia come se non volesse lasciarmi.
Finì tutto troppo presto.
“Devo andare”.
Così com'era entrata, sparì velocemente in casa.
Che cosa voleva dire? Adesso io e lei che cosa siamo?
Prima di dirigermi a casa guardai in direzione della sua finestra ma non la vidi.
Adesso, che cosa succederà?

FedeTere
 
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