| Ragazze, questo è un lavoto che devo fare per scuola, onestamente, siate serie, com'è????Ditemelo se c'è qualcosa che nn va, per favore. Intervista a una tossicodipendente Questo è il mio primo articolo, e onestamente sono un po’ eccitata. Molti mi hanno detto di stare attenta perché poteva fregarmi, ma io non ci credo… Sto andando a casa di una ex-tossicodipendente per un articolo sulla droga per il giornale della domenica. Il mio compito è di raccogliere la sua testimonianza e di farne poi un commento psicologico. Credo non sarà facile ma penso di farcela, ho già raccolto abbastanza materiale. Suono il campanello. Mi apre lei e si presenta solo con il suo nome di battesimo, Alice. “Mi dica, da cosa incominciamo?” mi chiede dopo avermi offerto da bere. “Penso che sia opportuno iniziare dall’ inizio… perché ha voluto iniziare a drogarsi?” e da quella domanda iniziò a raccontare la sua storia…
Il Pre.Coca …Avevo quindici anni quando ho voluto iniziare. Ero una ragazzina come tante altre; tutto un casa-scuola-amici. Andavo in una scuola pubblica, allo scientifico vicino a casa. Mi piaceva la scuola, i professori erano, beh, simpatici direi, di certo non bacchettoni e severi come quelli di molte mie amiche. I rapporti con i miei compagni erano ottimi, la scuola era un posto perfetto per me, ma a casa… I miei avevano divorziato poco dopo la mia nascita, era stato uno di quei matrimoni campati su per aria, senza un vero basamento. Io ero stata affidata a mio padre perché mia mamma era, ed è tutt’ora, un’alcolizzata. A casa mio padre mi trattava come una principessa, il classico “servita e riverita”; ma mio padre non era sempre a casa. Usciva presto la mattina e tornava alle sette la sera, durante il pomeriggio ero completamente sola. E la solitudine non mi piaceva affatto. Crescendo sentii molto la mancanza di una madre (non potevo di certo dire a mio padre che ero piuttosto irascibile perché avevo le mie cose o che mi piaceva quel ragazzo lì, troppa vergogna); e crescendo iniziai a litigare con mio padre perché volevo uscire quasi tutte le sere. Crescendo casa mia mi sembrava una prigione ed io volevo evadere da essa. E il modo per evadere me lo diede il tipo che mi piaceva allora. Una sera in disco tirai il mio primo chilom di hashish, poi i primi viaggi dell’euforia e dell’orrore con gli LSD e, infine, la coca.
Coca: durante “ Come si è sentita la prima volta?” Non ero del tutto sballata la prima volta, per esempio distinguevo bene i colori e non vedevo le persone enormi o troppo piccole come molti miei amici. Beh…amici…erano compagni di coca, nulla di più… “Scusi, se la interrompo ma… in che senso non erano amici?” I bucomani non hanno amici solo compagni di coca…Io li chiamavo compagni di buco. Il bucomane pensa solo a sé e non ha tempo di pensare agli amici, si pensa solo a recuperare i soldi per il buco e nient’altro…La domanda gliela si legge in faccia. Molte facevano marchette, si prostituivano, molti rubavano soldi a casa se non erano già scappati, molti che avevano tenuto il lavoro continuavano a prelevare dai trenta ai settanta euro. Adesso che sono disintossicata posso dire che era un inferno. Io mi compravo la coca dal mio tipo che era un piccolo spacciatore, divideva i tre quartini che aveva gratis con me; se ero a rota, cioè in crisi d’astinenza, usavo i soldi della settimana che mi dava mio padre e i miei nonni. Dopo un po’ che la prendevo iniziava a farmi effetto. Mi sentivo euforica, dicevo in faccia alle persone ciò che in realtà pensavo su di loro…Molte mie amiche di scuola smisero di parlarmi per quello che le avevo detto mentre ero sotto l’effetto della coca. Iniziai a vedere gli altri deformati, con teste oblique..Molte volte la notte mi venivano gli incubi…Era terribile…Ma la cosa più terribile è che dopo un po’ non mi ricordavo più che cosa facevo la sera prima, non mi svegliavo per andare a scuola… Dimagrii tantissimo, dovetti stringere al massimo la cintura…Mio padre iniziò un po’ a rompere e io gli rispondevo sempre in modo brusco…Adesso che sono matura capisco di aver sbagliato e mi dispiace per mio padre…Dopo due mesi appena mi facevo la “pera” svenivo e mi risvegliavo con l’ago ancora infilato nel braccio… Avevo paura, molta paura…Soprattutto dopo che le mie due compagne di buco con cui stavo sempre erano morte di overdose…Avevo paura di morire anch’io..ma allo stesso tempo volevo morire per evitare tanti pesi a mio padre…Volevo davvero spararmi il “buco finale”….
Il Post: coca Ma quel buco finale non arrivò mai, semplicemente perché mio padre mi interruppe prima. Ero a casa mia, nel mio bagno e mio padre, preoccupatissimo per la faccia sbiancata, mi corse dietro per vedere come stavo e io ero completamente partita col cervello, iniziavo a vedere tutto storto, dovevo finirla al più presto. Mi chiusi in bagno ma non mi accorsi di non aver chiuso la porta a chiave come facevo sempre e lui, proprio mentre io mi stavo per fare, entrò. Mi misi a piangere, non tanto perché mio padre mi aveva beccata, tanto perché adesso anche lui sapeva ed era partecipe della mia fregatura, della mia ormai prossima morte. Mio padre, sempre con il suo atteggiamento da principe che da piccola descrivevo nel mio diario, mi disse “Tesoro, che vogliamo fare?Ti vuoi curare?”. Ricorderò per sempre quel tono affettuoso; era lo stesso tono con cui da piccola mi chiedeva che cosa volevamo fare per Natale, lo stesso tono con cui mi spiegava che non dovevo starci male per quella compagna che non mi parlava più. Mi strinse a sé e mi lasciò piangere per tutto il tempo di cui avevo bisogno. Mi lasciò il mio tempo, come aveva sempre fatto. Decidemmo quella sera stessa. Andai in una comunità, non lontano da dove vivevo. La comunità Don Gnocchi mi accolse come si accoglie una persona che non si vede da tanto tempo. Mi dissero che non dovevo preoccuparmi, che ce l’avrei fatta, che io ero un passo avanti in più degli altri perché avevo volontariamente scelto di andarci. Mi ci vollero sei mesi per disintossicarmi sul serio, ma dovetti ritornarci una volta alla settimana per due anni per mantenere la mia posizione. Ancora adesso sono molto riconoscente a tutti coloro che mi hanno aiutata, alle mie amiche di un tempo che mi hanno riaccolto a braccia aperte nonostante tutto quello che avessi detto loro in passato ma soprattutto sono debitrice a mio padre; se non ci fosse stato lui colla sua forza, quella forza che bastò per tutti e due, non ce l’avrei mai fatta. Non so come posso esserle utile ma spero che la mia esperienza possa far ragionare molti di quegli adolescenti che vogliono provare così, tanto per. E’ vero, non è facile smettere ma c’è chi riesce, è anche vero che non tutti hanno un padre come il mio, un padre presente sempre, in ogni luogo, in ogni tempo e in ogni momento.
L'ultimo battito. Quello di Alice era un grido, un grido che nessuno ha sentito quando era necessario. Perché molti si drogano? Sentendo la testimonianza di Alice possiamo individuare i seguenti punti: Problemi sociali e familiari La voglia di sgarrare, rompere le righe, di fare qualcosa di pericoloso, di diverso…una voglia che molti giovani adesso hanno. Il fare di tutto per essere accettati in un gruppo. Il farlo giusto così, perché non si ha nient’altro da fare. Questa è la dimostrazione di una debolezza psicologica. Arrivare a farsi del male solo per essere accettati da un gruppo, solo per voler fare qualcosa di diverso. Ma anche tagliarsi i capelli, cambiare modo di vestirsi è un qualcosa di diverso, ma la faccenda è più complicata. Tagliarsi i capelli è un cambiamento momentaneo prendere la droga, invece, è un cambiamento, se vogliamo, eterno, dato che la coca può toglierti la vita. Rave party 2007: Mauro muore a quindici anni per aver assunto involontariamente 3gr di coca in pastiglia al posto di una tachipirina. Discoteca 2006: Fabiola entra in coma dopo aver assunto per la prima volta, per farsi notare dal ragazzo che le piaceva. Non si risveglierà più. Discoteca 2008: Stefano assume volontariamente della coca, giusto per provarla una e una sola volta. Mentre balla ha una crisi epilettica, chiamano l’ambulanza, c’è chi ancora spera per lui, nessuno si aspetta la fine. L’ambulanza corre ma il cuore di Stefano smette la sua corsa. Si ferma mentre l’ambulanza entra in ospedale. Sono tre esempi di quanto può essere pericolosa la voglia del diverso. Fin dai tempi antichi, il Male attrae più del Bene; Adamo ed Eva ne sono l’esempio, seppure siano brani eziologici.
Quel Grido nn ascoltato La debolezza psicologica è tipica dei ragazzi deboli, che si fanno condizionare, è tipica di quei ragazzi che vogliono farsi vedere, tipica di quelle persone che hanno la faccia da brava ragazza e poi sono proprio loro le prime vittime. Per questa debolezza non c’è cura, bisogna solo imparare a fidarsi di sé, a non ascoltare quelle voci che molto spesso fanno cambiare giudizi, pensieri e persino caratteri. Onestamente, questi gridi d’aiuto non vengono mai ascoltati in tempo. E tutto questo perché?? Perché ci si aspetta mai che sia proprio quella persona che tu conosci, proprio quella tua amica, ad esserne vittima. Perché questo? Perché è nella nostra mentalità, perché ci si aspetta che siano sempre quegli altri, quelli bulli e insopportabili, quelle ragazze che sono snob… E quel grido lo si sente solo alla fine, quel grido straziante DELLA fine, quel grido di morte… Non c’è cura, non c’è rimedio, neanche psicologicamente parlando non c’è una terapia, perché non è un difetto del cervello, è una voglia del momento e le voglie del momento, purtroppo, cambiano. L’unica cosa che vi posso dire è di stare attenti, sempre, in ogni caso, fidatevi ma con riguardo perché il più delle volte sono i vostri stessi amici che vi convincono a prenderla e poi… E poi finite come Stefano, è un attimo, il cuore lo sentite, batte forte forte e poi…Dopo l’ultimo battito frenetico è un niente per finirla. Ma non è facile smettere, c’è bisogno di molta forza interiore, quella stessa forza che viene da dentro. Perché prenderla è un errore, è vero, ma c’è il modo per smettere… Perché si può perdere la retta via, come Dante, ma ci sarà sempre un Virgilio che arriverà per riportarti sull’autostrada della realtà.
FedeTere
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